L’ antico insediamento falisco insisteva sul versante nord-occidentale dello sperone tufaceo. Falerii vantava una serie di sacri complessi, il più antico dei quali è rappresentato dal santuario di Celle, sorto in un luogo di più remota venerazione e che ebbe un lungo arco di vita dal periodo Orientalizzante sino ad epoca ellenistica.
Altri santuari urbani si trovavano in località Vignale e Scasato: in contrada Vignale i templi dovevano essere addirittura due (tempio “grande” e tempio “piccolo”), costruiti in epoca arcaica (fine VI secolo a.C.) sopra un’altura nella quale si volle riconoscere l’arce della città e con fasi di vita che giungono all’ellenismo. Gli scavi condotti al volgere del XIX secolo dal Mengarelli e dal Pasqui approdarono alla scoperta di numerose terracotte architettoniche che si ipotizzò potessero appartenere addirittura a una coppia di sacelli, benchè non sia da escludere che l’intero complesso fosse relativo a un solo edificio più volte ridecorato nel corso del tempo. Sull’altura furono anche rinvenute due cisterne, una delle quali fu impiegata come scarico per le terrecotte templari cadute in disuso in concomitanza con l’abbandono del sito in epoca ellenistica. Dai depositi votivi provengono invece ex voto fittili per lo più a testa umana, sia maschile che femminile, nonchè parti anatoliche offerte in ringraziamento per l’avvenuta guarigione.
È probabile che l’area sacra fosse titolata a una divinità protettrice delle nascite, come parrebbero testimoniare i piccoli votivi che rappresentano infanti in fasce, mentre una coppa attica con iscrizione dedicatoria ad Apollo potrebbe indicare che vi fosse praticata anche la devozione al dio. Un fastoso programma decorativo abbelliva anche il frontone del tempio cosiddetto dello Scasato (IV-III secolo a.C.), situato proprio nel tessuto della città, sul pianoro di Civita Castellana, dove si è sviluppata la moderna cittadina. Fra le sculture in terracotta spicca l’immagine di Apollo, il quale occupava con la sua apparizione divina una delle placche frontonali che nel modello di tempio tuscanico nascondevano l’estremità, altrimenti a vista, dei travi angolari del tetto. La figura divina, con almeno altri sette personaggi, era protagonista di un episodio legato a un mito non ancora identificato. L’elevato livello delle maestranze artefici del programma decorativo risente, sul piano stilistico, delle correnti colte dell’ellenismo greco e dei suoi massimi rappresentanti nella scultura a tutto tondo (Lisippo, Skopas e Prassitele); gli echi della grande scultura greca di epoca classica si scorgevano anche nei frammenti frontonali da un secondo tempio che sorgeva poco distante (in particolare una testa fittile di Zeus).
Il tempio dello Scasato, con il suo imponente apparato e le sue citazioni di iconografia e stile, costituisce l’ultimo esempio di tempio monumentale costruito secondo i canoni propriamente etruschi. Gli avanzi delle strutture consentono timide ipotesi riguardo alla pianta, che doveva comunque presentare una fronte con colonne a fusto scanalato stuccate e colorate.
Infine in prossimità delle mura di Falerii, e dunque in area suburbana, esistevano altri sacri luoghi di culto, individuati in località Celle e in quella, dal nome assai evocativo, di Sassi Caduti, cui si aggiungono i resti di un terzo edificio presso il Fosso dei Cappuccini, ove ne furono riconosciuti alcuni muri.
Celebre fra tutti è il santuario di Celle, costruito su una sorta di terrazzamento e scoperto sul finire dell’Ottocento, specie per la sua identificazione con quello di Giunone Curite menzionato dal poeta latino Ovidio (Amori, 3, 13, 1 sgg.).
Sorto in un più antico luogo di culto, il santuario ebbe vita a partire almeno dall’epoca arcaica, come dimostra la coroplastica architettonica, e subì vari interventi di monumentalizzazione partendo da un sacello a pianta semplice, nel quale era conservata la statua di culto femminile.
Durante il IV secolo a.C. l’imponenza del tempio di Celle si rivela anche attraverso il grandioso basamento sul quale era impostato l’alzato, articolato secondo la consueta tripartizione spaziale nel lato posteriore. Della decorazione frontonale, che forse riguardava entrambi i lati brevi dell’edificio, rimangono parti di alcune figure in terracotta. Anche l’altro santuario, quello dei Sassi Caduti, dedicato a Mercurio, per il quale fu scelto come luogo un terrazzamento naturale nei pressi del Rio Maggiore, fu al pari degli altri oggetto di cure continue, come documenta il fatto che il suo apparato di rivestimento in terracotta venne più volte sostituito. Frequentato almeno a partire dal principio del V secolo a.C. e fors’anche in precedenza, esso fu a lungo visitato sino ad epoca ellenistico-romana.
Le necropoli di Falerii coprono un arco di tempo piuttosto ampio, dalla prima età del Ferro (Valsiarosa e Penne, IX-III secolo), al periodo Orientalizzante (Montanaro, VIII-VII secolo), sino alla più tarda fase ellenistica attraverso l’Arcaismo (Celle, VI-V e III secolo). Poche delle antiche tombe, a pozzo, a fossa e a camera, sono tuttora conservate e visibili. Quelle a camera, più recenti, sono provviste, in alcuni casi, di un caratteristico ambiente anteriore con facciata porticata, di una camera principale con pilastro centrale o tramezzo e di un’apertura a mo’ di camino nel soffitto. V’erano banchine di pietra, sarcofagi rifiniti e loculi per la deposizione dei corpi e apposite nicchie per le ceneri dei defunti. Tra gli straordinari corredi si segnalano, come tipica produzione di Falerii, i vasi d’impasto neri, grigi e rossastri del VII-VI secolo a.C., decorati con motivi (dipinti, incisi o a rilievo) di animali reali o favolosi e talora con protomi zoomorfe sulle anse. Un pezzo di peculiare interesse è l’urna di bronzo a forma di casa (VII secolo a.C.) con tetto a doppio spiovente conservata al Museo di Villa Giulia a Roma. Nella prima metà del IV secolo proprio a Falerii si iniziò, forse con la collaborazione di artisti greci, la produzione di una pregevole ceramica a figure rosse, qualitativamente migliore dei coevi vasi etruschi dello stesso tipo. Un pezzo esemplare di questo genere di vasi, trovato in una omba, è il grande cratere a volute del cosiddetto pittore dell’Aurora (conservato al Museo di Villa Giulia), raffigurante sul collo lotte di animali e sul corpo l’immagine della dea dell’aurora Eos (etr. rhesan) su quadriga, mentre rapisce il giovane Cefalo, e altre scene mitologiche.
Nei locali dell’accennato Forte Sangallo è il Museo dell’Agro falisco con numerosi reperti della storia e della cultura di questo popolo che vanno dal X al I sec. a.C. Altre testimonianze archeologiche, tra cui le fastose decorazioni architettoniche dei templi, sono nel Museo di Villa Giulia in Roma.
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